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1.11.17

Stronger (id., 2017)
di David Gordon Green

FESTA DEL CINEMA DI ROMA
SELEZIONE UFFICIALE
Una volta un film come Stronger sarebbe stato tutto centrato sul delirio personale del protagonista, personaggio reale reso paralitico dalle esplosioni degli attenti del 2013 alla maratona di Boston. Una volta un film su questa storia sarebbe stato molto più concentrato sul prima, e poi molto sul momento degli attentati e infine avrebbe avuto un’enfasi minore su tutto il contesto intorno a lui. Invece Stronger racconta non solo del protagonista ma della ragazza di cui era innamorato e che fatica a stargli accanto, di una famiglia molto vicina ma anche molto terribile, come quelle dei film di David O’Russell, e soprattutto del suo rapporto con la propria immagine mediata.
Come se l’incidente e la vera storia fossero un pretesto, Stronger parla in realtà del rapporto che sempre di più tutti sembrano dover avere con la propria rappresentazione mediatica.

Ovviamente quello di questo protagonista, interpretato con la solita impeccabile ordinaria bravura da Jake Gyllenhaal, non è un caso ordinario ma straordinario, una vittima che appena ripresa conoscenza, con pochissime forze e nel letto d’ospedale, volle per prima cosa fare l’identikit dell’attentatore che aveva visto, contribuendo alla cattura ed uscendone così come eroe nazionale, simbolo della forza (da cui il titolo) dello spirito bostoniano. Ma del resto era straordinaria anche la storia del capitano Sully raccontata da Clint Eastwood, che alla stessa maniera, a latere dell’evento, si soffermava tantissimo su quanto il personaggio dovesse venire a patti con il concetto di eroe che gli era stato affibbiato e con il quale sembrava a disagio.

Qui l’eroismo è ancora più paradossale e causa un disagio fortissimo al protagonista. Non regge il dover essere carne da media, essere intervistato, presenziare alle partite di hockey e tutto quello che implica vivere pubblicamente una condizione che non lo esalta, come non lo esalta rivivere il dramma o accettare la definizione che i suoi genitori molto poco delicati ripetono in continuazione: “eroe”.

Di certo non è questo il vero cuore di Stronger, la maggior parte del minutaggio è dedicata ad un racconto molto intimo di rapporti difficili e di recupero, un ricamo molto melò intorno alla riabilitazione fisica e mentale, con diversi legami dichiarati con la guerra e la crisi da stress post traumatico. Eppure è evidente che questo film appartiene a quella schiera che sempre di più incorpora le difficoltà che abbiamo con le immagini che i media impongono alle persone, come il racconto che ne fanno influenzi la loro vita.
La cosa incredibile di questo film è che alla fine non prenderà la posizione che è più facile prevedere ma la sua morale sarà che per stare in pace con se stessi davvero è necessario accettare l’immagine che i media hanno disegnato e imposto, invece di combatterla.

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