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21.2.17

Beata Ignoranza (2017)
di Massimiliano Bruno

In televisione, sui giornali, nei libri e poi anche nel cinema esiste un’opposizione che non si ritrova nella vita reale. È quella tra chi è estraneo alla tecnologia, a favore dei tramonti, i libri, le poesie e le panchine nei parchi e chi invece è vittima dei social media, sempre su facebook, inadatto ai rapporti sociali, incapace di staccarsene come ne fosse malato. Su quest’opposizione inesistente e per questo inadeguata a raccontare la nostra realtà, anche solo in una commedia si basa tutto Beata Ignoranza.
Gassman interpreta il malato di tecnologia e Giallini il passatista, nell’intreccio dovranno forzarsi a fare l’opposto. Neanche a dirlo il primo si troverà tutto sommato bene senza tecnologia, mentre il secondo ne diventerà dipendente da che la disprezzava. La figlia che hanno in comune (pare sia di uno dei due, poi ci dicono che dell’altro, poi invece no, che era del primo) essendo una giovane è l’unica ad avere un rapporto sano con internet, il digitale e i social network. Alla fine però, come il 99% del cinema italiano, anche Beata Ignoranza pende verso la restaurazione e il recupero del contatto umano rigettando la tecnologia.

Anche sorvolando i presupposti del film Massimiliano Bruno sembra aver dato comunque il peggio di sé con una storia abbastanza confusa, dal ritmo poco coerente e poco fluido. A mancare è proprio la costruzione di una serie di situazioni di commedia, l’ironia che nasca dalla sceneggiatura, dalle situazioni o dagli eventi. Il film è infatti un pretesto per consentire a Marco Giallini di fare in pieno Giallini (istrionico, divertente, un po’ figlio di puttana ma sostanzialmente affascinante), per mettere alcuni personaggi in situazioni che dovrebbero far ridere (ma era da Viva L’Italia che un film di Bruno non appariva così fiacco) e infine per affermare l’immarcescibile trionfo dei tramonti e dei buoni sentimenti su questa difficile vita moderna. Talmente poco esiste un equilibrio narrativo e talmente trionfa l’episodico che emerge tantissimo anche Emanuela Fanelli, bravissima attrice già vista in Dov’è Mario?, qui però in un ruolo secondario.

Vittima della sua stessa pigrizia nel presentare la situazione, Beata Ignoranza è un film in cui trionfa l’etica dell’”ormai” (“Ormai si impara più giocando ad Assassin’s Creed che…”, è una battuta presa dal film), il principio del “al giorno d’oggi” (“Ma perché tu chatti??” è un’altra), una visione della rete e dei videogiochi degna degli anni ‘90. Sarebbe cosa buona e giusta sorvolare questa prospettiva sconfortante e magari guardare il film nel suo insieme, ma è difficile quando la classica storia sempliciotta e molto trita, in cui una figlia impone lo scambio di abitudini ai due padri per girare un documentario da vendere a dei vaghissimi “americani”, è ingarbugliata da personaggi che sfondano la quarta parete e parlano con il pubblico per dare un po’ di vitalità allo svolgimento. Espediente senza successo se poi si deve ricorrere al più classico dei finali in cui la ragazza ferita nei sentimenti scappa e non si trova più ma il padre vero sa dove andarla a trovare, in quel rifugio di campagna, sede di bei ricordi, dove trovare le ultime sicurezze.

È difficile insomma considerare il film nel suo complesso con quegli interni sempre uguali delle case dei film italiani, con una quantità inaccettabile di attori che recitano sotto il livello minimo (tutti i ragazzi da Teresa Romagnoli in giù e minore è l’età peggio recitano, addirittura i bambini non riescono nemmeno a correre per finta bene!) e con un tale uso assassino delle musiche che raddoppiano ed enfatizzano ogni momento.
È come se Beata Ignoranza volesse flirtare con la banalità, prendere in giro i pareri banali, mettere in mostra un mondo di ovvietà, però poi non riesce mai (con i dialoghi o con il senso del film) ad opporvi qualcos’altro, fosse anche solo una riflessione sul concetto di banalità. Per questo, alla fine, stremati dalla lunghezza percepita del film viene da pensare che semplicemente non ci sia altro se non quello, la banalità esposta ed elevata a ragionamento.

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