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24.4.13

Iron Man 3 (id., 2013)
di Shane Black

PUBBLICATO SU 
L'uomo dietro l'armatura, niente di più tipico del cinema americano, che quando vuol fare introspezione cerca il personaggio dietro la maschera. E per farlo con Tony Stark l'equazione era semplice, levare l'armatura e lasciarlo (per buona parte del film) abbandonato a se stesso e a quelle doti che inizialmente ne hanno fatto la fortuna per riscoprire le vere radici della sua personalità.
Già in questo presupposto sta un tradimento dell'idea iniziale che aveva animato (e con grande piacere e successo) il primo film, a modo suo una piccola pietra miliare del genere, capace nel 2008 di dar vita ad un canone e un modo di procedere che poi si sarebbe ancor più perfezionato con I Vendicatori.

Tony Stark, come solo pochissimi altri personaggi cinematografici (vedi James Bond), era caratterizzato dall'avere tutto. Nella sua versione filmica originale non era assolutamente un supereroe con superproblemi, ma come egli stesso dirà in seguito un playboy, filantropo, genio, miliardario (ed eroe). L'intuizione, cinematograficamente, ha funzionato moltissimo, sia nel suddetto primo film che poi in I vendicatori (l'unico altro film che abbia avuto il coraggio di replicare tale paradigma).
Ora Iron Man 3 bastona Stark, lo rende un fobico, preda di attacchi di panico, un reduce della guerra vista in I vendicatori e soprattutto mette in piedi un film volutamente sbilanciato sul lato della commedia (altrimenti non sarebbe stato chiamato l'autore di Arma letale), trascurando moltissimo la parte di azione. 
Lo riporta alla genesi, senza nulla, costretto ad arrangiarsi e nell'America profonda (là dove ogni eroe stelle e strisce trova i veri valori, in questo caso incarnati da un bambino!).

Il risultato è un film sbilanciatissimo in cui quel poco di action che si vede (molto compressa in due-tre momenti) non è di livello e in cui soprattutto manca completamente il respiro ampio e positivista che aveva stupito nel primo film. Quel medesimo respiro che dava senso ai piccoli momenti con Pepper (l'idea della telefonata a vuoto di Whedon ne è un perfetto esempio, qualche secondo di dramma in un film intero di autoesaltazione ha un effetto fortissimo) e che dava un senso di novità. Anche per questo quando in questo film si ripete la frase cardine del primo:"Io sono Iron Man" non suona più così potente e importante.
Shane Black sceglie di prediligere il grottesco e il clownesco, azzecca molte battute, ha un'idea sensazionale per il Mandarino (l'unica sorpresa vera) e usa un'unica soluzione per risolvere ogni scena (l'armatura fatta di componenti). Aumenta insomma il risultato immediato (risate), diminuendo quello nel lungo periodo (epica). Cammina sul crinale del ridicolo e spesso sconfina, non tanto con l'umorismo, quanto con le parti che vorrebbero essere più serie (tutta la trama che dà vita al villain è non solo mal spiegata e piena di buchi ma anche puerile, almeno quanto "l'operazione" finale che riporta tutti all'equilibrio di partenza).

Più in grande il film conferma anche un'altra cosa, che il cinema hollywoodiano mainstream d'azione si sta muovendo sempre di più verso l'impostazione del fumetto, a prescindere dal soggetto. I primi cinefumetti (Spider-man, X-Men) erano a tutti gli effetti scritti seguendo canoni e strutture del cinema, negli ultimi anni sia questi che i film d'azione senza supereroi (vedasi G.I. Joe - La vendetta) sono invece sempre più progettati seguendo il paradigma degli albi a fumetto.
In Iron Man 3 la tendenza è evidente nel modo in cui sono presentati i villain, nell'uso dei personaggi e soprattutto in quel marchio di fabbrica Marvel che sono i momenti di stasi e vita comune dei supereroi (solitamente posti all'inizio o in coda alle storie), che li mostrano intenti a faccende ordinarie per svelarne il lato umano: l'Uomo Ragno che fa la spesa, Devil che aiuta un amico in un trasloco o gli X-Men che giocano a pallacanestro. Iron Man 3 fa questo continuamente e in maniera evidente nella scena dopo i titoli di testa, ormai non più utile alla creazione di una trama più grande.

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