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3.9.13

Locke (id., 2013)
di Steven Knight

FUORI CONCORSO 
MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

Di film con unità di luogo e tempo ne abbiamo visti molti e si sa che la scelta di raccontare una storia con simili costrizioni solitamente tende a dare i suoi frutti, costringendo ad una selezione e un impegno narrativo non comuni. Locke mette il suo protagonista in un'auto in viaggio sull'autostrada verso Londra, ha fatto qualcosa di grave, si sta allontanando dal luogo di lavoro all'indomani di una giornata cruciale, per andare lontano dalla sua famiglia verso qualcos'altro. Questi tre elementi sono i piani che Ivan Locke sarà impegnato a gestire al telefono mentre guida in un susseguirsi forsennato di telefonate.

Tom Hardy recita per quasi tutto il film con le mani sul volante, non c'è molto altro. Circa 7-8 tipi diversi di inquadrature in totale si alternano per riprenderlo da tutte le angolature possibili mentre è alla guida, c'è poco con cui giocare a livello di messa in scena se non un montaggio che alterna i suddetti punti di vista sul personaggio e tre livelli diversi di vicinanza al volto per i momenti più o meno intensi. E' un lavoro insomma più a sottrarre del solito quello di Steven Knight (già sceneggiatore di La promessa dell'assassino e impegnato a scrivere anche in questo film) e più centrato ancora sul volto del suo unico protagonista, che qui fa tutto lavorando soprattutto sui piani di ascolto, sul volto e le piccolissime espressioni che raccontano i sentimenti mentre qualcun altro sta parlando. Tom Hardy è bravissimo e non lo scopriamo oggi.

Fino a qui però Locke sarebbe un ottimo esercizio di scrittura e recitazione, fenomenale incastro di situazioni e metafore (il palazzo che deve nascere come il bambino che deve nascere o anche la calce come materia primordiale simbolo del materialismo) che raccontano una storia con impressionante fluidità, considerate le ristrettezze.
E' però il finale a compiere il vero salto, facendo fare al protagonista una scelta tra le meno usuali nel mondo del cinema (specie considerato il fatto che la sua è una figura presentata come molto positiva, simbolo di rettitudine e correttezza umani e rimarrà tale anche alla fine). Locke fa una scelta fuori dai canoni e la percorre fino in fondo con coerenza invidiabile e una coraggiosa e umana volontà di essere una persona migliore che sono contagiose, nel fare questo afferma un credo granitico in una moralità davvero scevra dai condizionamenti degli affetti.

Applausi a parte per il personaggio di Donal, vero gioiellino di scrittura, comprimario d'eccezione con un cuore immenso.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi ha portata a vederlo un collega, io non sapevo assolutamente nulla del film, nemmeno chi fossero attori o regista. Sono rimasta incantata. Tom hardy è notevole e il percorso che sceglie va contro ogni iniziale aspettativa. Un uomo che decide di seguire quello che ritiene giusto anche a costo di perdere tutto non è una consuetudine al cinema come nella vita. Ammirevole. Non vedo l'ora di rivederlo.


gparker ha detto...

E bravo il collega


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