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25.11.13

Tacchini in fuga (Free birds, 2013)
di Jimmy Hayward

PUBBLICATO SU 
Ricordate Galline in fuga? Non centra niente. Ma niente. 
Quello era un lungometraggio d'animazione britannico della Aardman, realizzato in stop motion con pupazzi di plastilina. Questo è un lungometraggio d'animazione americano della Reel FX creative studios, realizzato in computer grafica e centrato sul tema del Giorno del Ringraziamento. Come avrete tutti già intuito sono solo i titoli italiani a somigliarsi.
Inoltre Tacchini in fuga non è al film Aardman che vuole rifarsi ma semmai alla tradizione anglosassone di una narrativa per le feste, cioè di una mitologia intorno a personaggi caratteristici delle festività (Babbo Natale, Coniglio pasquale e via dicendo), andando a creare un nuovo spazio da occupare cioè quello del Giorno del Ringraziamento e più in particolare mira a ribaltare la storia del Grinch (se c'è una cosa tipica dell'animazione di questi anni è proprio il "ribaltare" qualcosa che credevamo assodato). Se l'orrendo essere verde è il villain che mira a cancellare il Natale, il tacchino protagonista di questo film vuole cancellare il Ringraziamento ma in questo caso non è un villain, anzi è il personaggio positivo (in quanto agisce per salvare sè e la sua razza).

Il Grinch non è però la sola fonte d'ispirazione. Fa piacere vedere che le trovate e gli archetipi inventati dalla Pixar non passano invano, certo Jimmy Hayward è un ex animatore del grande studio ora parte di Disney, ma lo stesso la maniera in cui fa del suo tacchino un diverso tra gli uguali, e per questioni intellettuali, sembra una versione meno raffinata e più grossolana del motore che scatena gli eventi (oltre a definire il personaggio) di Ratatouille. Un tratto caratterizzante che non si ritrova nei personaggi classici dell'animazione e che è un'invenzione tutta pixariana.

Se ha un pregio questo film d'animazione è d'essere svelto e ben montato, assemblato così bene da rendere divertenti anche le gag più ordinarie e da esaltare quelle invece già dotate di una propria forza. Se ha un difetto è tutto nella scrittura e nella storia, veramente da poco, materiale pseudo-televisivo (non sorprende scoprire che parte degli sceneggiatori e soggettisti è da lì che viene), dotato di pochissima prospettiva e quindi incapace di incidere a fondo nello spettatore, dicendo qualcosa (anche piccola) che rimanga.
Specialmente nel terzo atto Tacchini in fuga perde la foga, il dinamismo e il muoversi in maniera furba e anticonvenzionale degli inizi (unendo benissimo umorismo verbale e fisico, botte in testa e frasi argute) e converge verso i lidi più banali tra quelli noti. Non è tanto la risoluzione finale (improbabile e quindi demenziale) quanto la maniera in cui ci si arriva a sottrarre anche il solo senso d'intrattenimento costruito fino a quel momento con un fare disimpegnato e divertente.

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