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20.5.14

Maps to the stars (id., 2014)
di David Cronenberg

CONCORSO
FESTIVAL DI CANNES 2014

PUBBLICATO SU 
Il cinema americano ha una solida tradizione di critica di Hollywood in forma di commedia grottesca, Maps to the stars gira da quelle parti ma non è il caso. Esiste del resto anche un vero e proprio genere che è la commedia surreale in cui si ride di eventi al limite del senza senso, un po' come avviene in Maps to the stars ma non è comunque il suo caso. Infine l'arrivo sulle scene di David Lynch negli anni '80 ha causato l'ermegere di una scena particolare anche in America, in cui non è la logica degli eventi a tirare il film ma più le sensazioni delle singole inquadrature, Maps to the stars ricorre a simili espedienti, ma non è comunque assimilabile a quel filone.
Un po' tutto ma soprattutto niente, tagliato, recitato e fotografato come Cosmopolis, il nuovo film di David Cronenberg non ricerca la narrazione metaforica come in quel caso ma poco ci manca.

Maps to the stars è una storia corale che sembra guardare ad Altman per la scelta dei caratteri ma priva del mordente e del montaggio incalzante di quei film, anzi cerca sempre di acquietare tutto, cosparge ogni scena di una luce quasi invadente che rende tutto chiaro e limpido in opposizione ad eventi oscuri e comportamenti misteriosi. Ci sono diversi personaggi occupati da lavori ridicoli o grotteschi nei loro atteggiamenti che subiscono sulla propria pelle una serie di eventi che starebbero bene nei film hollywoodiani cui lavorano. Attraverso i loro problemi mentali che, come in tutti i film di Cronenberg, sono colti nel loro peggiorare si dovrebbe parlare di Hollywood (del resto lo sceneggiatore Bruce Wagner è in questo che è specializzato, nella satira delle classi alte losangeline) ma non riesce mai ad usare l'argomento per uscire da quella piccola cerchia, cioè quel mondo non riesce mai a farsi interprete di questioni universali rimanendo anzi legato a questioni proprie solo di chi ha quella vita.

C'è una piacevole assurdità e in alcuni casi dei colpi di scena che fanno assomigliare il film a qualcosa scritto da Bret Easton Ellis ma ancora, nonostante i molti stimoli, Maps to the stars è più un film che arranca incapace di parlare forte come invece alcune impennate sembrano desiderare, snob e arroccato in un linguaggio difficile dietro al quale non si scorge mai un vero senso. 
Non siamo certo dalle parti della messa in scena sobria ma manca totalmente quella forza cronenberghiana che riesce a tramutare tutto in un trauma, che scova anche nei momenti più impensabili il risvolto più impressionante. A differenza del passato qui non c'è quella volontà di affiancare alla trama la difficoltà che ha un essere umano (cioè un essere deperibile fatto di carne molla) nel viverla. Come Cosmopolis sembra di essere di fronte ad un'alta riflessione che non arriva mai, si ha l'impressione che Cronenberg fosse animato dagli stimoli più eccelsi ma non se ne ha mai conferma, si vede solo un continuo correre del film appresso a personaggi e situazioni per nulla interessanti.

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