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13.2.14

Aloft (id., 2014)
di Claudio Llosa

BERLINALE 64
CONCORSO

PUBBLICATO SU 
Il pregio maggiore di Aloft è di non cercare di ancorarsi troppo alla realtà e non sfociare mai davvero nel fantastico. 
Ambientato in una zona innevata indeterminata di un paese anglofono e caratterizzato da fatti al limite tra l'improbabile, l'ordinaria superstizione e il quasi-paranormale (senza che mai sia dichiarata l'effettiva esistenza di atti oltre la fisica nota), il film di Claudio Llosa fa avanti e indietro tra passato e presente per dare un po' di dinamica ad una storia altrimenti molto ordinaria da narrare e cercare così di portare lo spettatore verso un finale in cui intende tirare una morale non comune.

La storia è quella di Nana che tra gli anni '80 e '90 cresce i suoi due bambini da sola tra i ghiacci. Uno ha circa 10 anni, l'altro è più piccolo, il primo è sano il secondo ha una patologia degenerativa. Per questo motivo Nana lo porta un giorno da un "guaritore" e scopre che forse lei stessa può guarire (infatti pare che la degenerazione si fermi nel figlio). In contemporanea nel presente vediamo il primogenito, ormai 30enne, venire convinto da una documentarista ad accompagnarla in un viaggio verso la suddetta Nana. E' evidente che le cause del loro allontanamente stanno in quel passato raccontato per flash e che si scopriranno solo nel finale.

Non è quindi tanto la dinamica ad intreccio che lega i personaggi di Jennifer Connelly, Cillian Murphy e Melanie Laurent (abbastanza prevedibile) quanto questo mondo in cui vivono ad affascinare. In un deserto di ghiaccio e tormente di neve un figlio e una madre intrecciano un rapporto strano lungo diverse decadi, arrivando ad una risoluzione che ha a che fare con il senso di responsabilità individuale, non nella maniera che ci si aspetterebbe. Quel mondo di neve, gelo e apparente assenza di vita, in cui tutti gli alberi sono sempre spogli e gli unici animali che si vedono sono falchi, sembra infatti stare lì per dare una mano a rendere la difficoltà di vivere di Nana.
Tutto questo però non basta a rendere Aloft il piccolo gioiello che evidentemente mira ad essere, eppure è forse uno dei momenti migliori di Jennifer Connelly (mentre Laurent e Murphy rimangono sempre più sullo sfondo). La sua madre durissima e tutta d'un pezzo, arrabbiata ma poi clamorosamente disposta alle più increidbili ingenuità per continuare a sperare in una guarigione, è fortissima, ha una determinazione affettuosa palpabile e una femminilità scontrosa perfetta, inoltre sembra calzare a pennello la fisicità spigolosa dell'attrice.
Che assurda ingiustizia che il ruolo forse più adatto a lei sia arrivato in un film non riuscito!

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