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22.10.14

L'amore bugiardo - Gone Girl (id., 2014)
di David Fincher

GALA
FESTIVAL DEL FILM DI ROMA

PUBBLICATO SU 
Dopo anni di lavoro sul thriller, il giallo e la destrutturazione delle storie Fincher, finalmente, arriva a Gone Girl, summa massima del suo cinema che assembla i pezzi disseminati nei precedenti. Prende lo svolgimento tipico del poliziesco, ovvero l'indagine (Se7en), le figure meno convenzionali deputate a scoprire il mistero (Uomini che odiano le donne), il gusto della fusione con la maniera in cui la società vive l'indagine stessa (Zodiac) e il gioco del gatto col topo imbastito con lo spettatore (The game) per farne una grandissima storia che nel raccontare dell'indagine sulla scomparsa di una donna ricostruisce un matrimonio e due esseri umani. Tuttavia questa ricostruzione non avviene solo tramite i flashback o i racconti, come nella prima parte e come tipico di molto cinema, ma specie nella seconda attraverso un complesso sistema di rimandi narrativi, cioè non mettendo più in scena "le cose che erano successe" ma lasciando che le interazioni tra personaggi facciano emergere molto più dei semplici fatti. Proprio questa seconda parte, che svela molti misteri, è quella in cui i personaggi da archetipi di un thriller (l'accusato, la scomparsa, la vittima, il carnefice) diventano persone di un dramma e addirittura vittime di una commedia grottesca, perchè di loro comincia ad interessarci sempre di più cosa li spinga a prendere le decisioni che prendono e quanto queste si ritorcano contro di loro in modi amaramente ineluttabili.

Bisognerebbe arrivare in sala completamente vergini per godere al massimo di Gone girl, film dallo spoiler facile che si compiace dei suoi colpi di scena e dei molti cambi di fronte ma ad ognuno di essi abbina un significato, una svolta anche nella comprensione di cosa sia successo alla coppia che nelle prime scene vediamo innamorarsi teneramente, in quello che forse è il momento più smielato di tutta la carriera di David Fincher. C'è una passione autentica per il racconto complicato (reso semplice per la comprensione dello spettatore), una voglia di ingarbugliare le acque e parlare così in maniera il più possibile veritiera di quel che accade dentro le persone quando sono immerse in una società resa piccola, resa "villaggio" dai media. Non è nemmeno il matrimonio in sè ad essere accusato, questo è raccontato attraverso il pretesto delle ricerche, degli inganni e delle confessioni in un film contemporaneamente moderno (perchè convince prima di una tesi, poi di un'altra, poi di un'altra ancora alla maniera del cinema autoriale post-Una Separazione) e classico (per l'impianto da thriller hollywoodiano). Che ruolo giocano "gli altri" nel matrimonio? Come influisce la voglia di ognuna delle due parti di essere qualcosa a prescindere dal rapporto con l'altro (è fantastica la considerazione che vediamo fare ad Amy in un flashback sulla maniera in cui le donne si adeguano ai propri uomini)? Materiale del libro di partenza che nel film di Fincher, attraverso un'abilità narrativa qui ai massimi livelli di sofisticazione, diventa la più strana e intricata delle storie di cronaca ma anche la più facile in cui immedesimarsi.

In tutto questo un ruolo centrale è giocato dai media, dall'immagine pubblica che il marito in cerca di moglie dà di sè spontaneamente e che poi cerca di controllare sempre di più per evitare che gli si ritorca eccessivamente contro. Sospettato fin da subito ha l'atteggiamento tipico del colpevole benchè non si professi tale. Anche qui si tratta di dinamiche molto note, la massa che decide di tramutare sospetti in realtà sulla base delle proprie impressioni (e Il sospetto forse ha fatto il lavoro migliore su questo tema) che Gone girl manipola in maniere che non avevamo mai visto, sconfinando anche nella commedia se serve. Prima bisogna convincersi di un punto di vista, poi dell'altro e infine comprendere il dilemma di una situazione in cui sono solo i fattori esterni a condizionare lo svolgimento, non più gli attori della vicenda.
Gone girl è un film cupo perchè il suo punto siamo "noi", il pubblico che guarda e vuole vedere, che obbliga i protagonisti ad interpretare un personaggio. C'è del voyeurismo nella maniera in cui questi sono tartassati ma l'impressione è che il condizionamento influenzasse le loro azioni già da prima degli eventi, che l'interesse riguardo la scomparsa abbia enfatizzato qualcosa che ognuno vive. I media di conseguenza non sono visti come persuasori ma come specchio di quel che il pubblico è pronto a pensare da sè. Quanto di ogni relazione è necessaria finzione o mantenimento delle apparenze e quanto questa può essere la scelta migliore di tutte in una vita apparentemente idilliaca ma in realtà mediamente disperata?

2 commenti:

zioluc ha detto...

"film che ricostruisce un matrimonio e due esseri umani"
"la più strana e intricata delle storie di cronaca ma anche la più facile in cui immedesimarsi"

queste frasi e il giudizio complessivo mi fanno credere di aver visto due film diversi. Pur amando Fincher e apprezzando regia, atmosfere e musiche di "Gone girl" ho trovato questo film deludente. Il personaggio della moglie è una psicopatica senza motivazioni né approfondimenti (nemmeno della sua pur debordante patologia) in cui è impossibile immedesimarsi e che rende qualunque riflessione sulla vita di coppia impossibile.

Inoltre il thriller si basa su un piano architettato col bilancino, eppure i buchi di sceneggiatura e le svolte improbabili sono troppi e troppo grossi per poter essere ignorati.

Personalmente, lo dimenticherò molto presto.


gparker ha detto...

a me invece sembra che proprio lei abbia delle motivazioni molto chiare e le esponga bene in quel dialogo in cui spiega quanto spesso le donne si ripieghino sugli uomini, diventino come loro e si plasmino intorno alla loro vita. Inoltre c'era l'adulterio e il più semplice desiderio di evadere da una vita di costrizioni che era iniziata già con i genitori.

Di svolte improbabili e buchi non ne ho notati ma qualora l'avessi fatto non credo avrebbe inciso, molti film bellissimi e grandissimi hanno svolgimenti fallati ma questo non ne diminuisce lo statuto. Almeno ai miei occhi.
Non è tanto quel che mi raccontano ma come lo fanno, cosa succede dentro di me in quel periodo in cui mi distraggono con una storia e intanto dalle atmosfere e dalle decisioni che vengono prese si crea un mood e una serie di sensazioni che non appartengono al reame delle parole ma a quello delle immagini e della narrazione propriamente detta


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