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19.11.16

La Verità Negata (Denial, 2016)
di Mick Jackson

Da quando il cinema ha spostato la sua esigenza di raccontare l’olocausto dagli anni della tragedia a quelli successivi, in cui il nazismo era stato sconfitto ma i nazisti erano ancora in mezzo a noi, siamo passati al legal thriller da storie vere e soprattutto sembra che finalmente si sia tornati a fare buoni film, ad instaurare cioè un rapporto virtuoso con la vera storia. La Verità Negata nello specifico è un gioiello di scrittura ma soprattutto di recitazione, partorito con insospettabile quiete da Mick Jackson, già regista di Guardia del Corpo poi dedito alla televisione.

È la storia del processo al negazionista David Irving avvenuto nel 1996, una delle tappe più importanti nella lotta al negazionismo dell’olocausto. Tra le pieghe della battaglia legale questo film scritto da David Hare cerca un quieto elogio della temperanza, del lavoro ben fatto e dell’etica inglese contrapposta all’irruenza americana. Paradossalmente lo stesso Irving, che dal film di certo non esce bene, è ammirato nella sua metodica precisione, nella sua compostezza e nel fatto di essere una persona brava in quello che fa. Timothy Spall modera i suoi toni arcigni e in accordo al resto del cast lavora sui piccoli toni e sulla prestazione globale invece che sulle scene madre.

Sembra che a La Verità Negata non prema molto dimostrare gli errori di Irving, che dia per scontata la sua cattiva fede e non necessiti troppo di mostrare la battaglia tra lui e la squadra di avvocati di Deborah Lipstadt, almeno non quanto gli interessa l’altro scontro, cioè quello tra la stessa Lipstadt e i suoi avvocati. Mentre lei cerca un approccio combattivo, mediaticamente a livello dell’avversario e vuole ottenere dal processo una dimostrazione dell’assurdità del negazionismo, gli avvocati vogliono vincere la gara e non le singole giornate. C’è un passione rigorosa e un fascino ammaestrato nella maniera in cui il buon lavoro di analisi e la difficoltà all’inizio inspiegabile del sistema legale inglese, uno che come tutte le cose complesse inizialmente respinge e alla lunga conquista.

Per fortuna La Verità Negata pure non ha fretta e farsi strada scena dopo scena. Anche perché non solo il film arriva là dove i soliti film ambientati in campi di concentramento non riescono nemmeno a sognare di arrivare, ma in più si chiede onestamente come si possa provare che l’Olocausto è davvero avvenuto, a patto di non voler credere ai testimoni. Si chiede cosa sia più importante, se la possibilità di infiammare l’opinione comune (con o contro una tesi) o un lungo e metodico lavoro che arrivi alla più indissolubile e certa delle sentenze. Cioè mettere un segno nella storia o incidere nella maniera più plateale sul presente? E quanto in tutto questo processo contano le vittime sopravvissute? Quanto la questione riguarda loro e quanto tutti gli altri?

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