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5.9.16

Prevenge (id., 2016)
di Alice Lowe

MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
SETTIMANA DELLA CRITICA
L’esordio alla regia e sceneggiatura di un lungo dell’attrice Alice Lowe è un piccolo tesoro portato alla luce dalla Settimana della Critica di Venezia.
Horror di testa, lama e sangue, storia di musica elettronica che batte sulla pancia di una donna incinta, comandata a stretta distanza dalla bambina dentro di lei, che tramite vocina stridula le suggerisce di fare fuori una lunga sequenza di uomini (e qualche donna), Prevenge ha una trama essenziale con prevedibile rivelazione finale ma si esalta nella follia omicida di una donna incinta messa ai margini da tutto.

Sarebbe molto semplice liquidare il film come un revenge porn con sottotesto più acuto della media, o come la piccola parabola di una donna che finalmente prende di petto la maniera in cui le persone intorno a lei la considerano (mezzo cesso da penetrare per un orrido dj da pub, sostanzialmente inutile per qualsiasi lavoro visto lo stato avanzato della gravidanza per una direttrice di risorse umane e via dicendo). In realtà quello che fa Alice Lowe è molto meglio. Nel lungo flusso di vendette e piccoli flashback, di dolori preparto e dialoghi surreali con un feto bastardo, c’è un senso d’infamia da lower class britannica che si unisce al dichiarato low budget delle immagini.

Disponendo di poco Lowe (sia attrice che sceneggiatrice che regista) non sbaglia il taglio e ha un coraggio non indifferente nell’affondare il film nella carne degli spettatori. Esiste in questa donnina di piccola borghesia britannica un senso d’inferiorità autoindotto che è peggiore di qualsiasi omicidio, una soggezione al giudizio altrui (sempre presente, sempre implacabile) che è il non detto più assordante del film. L’orrore degli omicidi in serie motivati da un flashback che vediamo a pezzi sempre più grossi, è niente in confronto all’orrore della maniera in cui il mondo intorno alla donna la vede e la tratta. E Alice Lowe sa incastrare il proprio corpo nelle strade e nelle case, nelle linee di sguardo degli altri attori tanto quanto sa riempire di sangue il pavimento e gli indumenti.

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