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19.4.13

La casa (Evil Dead, 2013)
di Fede Alvarez

FUTURE FILM FESTIVAL
FUORI CONCORSO

PUBBLICATO SU 
La storia di Fede Alvarez l'uruguaiano dietro la regia e parte della scrittura di questo remake di La casa è una di quelle che sovvertono i pigri stereotipi del mondo del cinema. Perchè è uscito fuori con un corto messo online e diventato famosissimo, perchè fattosi notare con una piccola perla di effetti digitali ha realizzato un film in cui tutti gli effetti sono analogici (dimostrando di aver capito come funziona il cinema e il genere), perchè nella sua prima uscita hollywoodiana ha girato un remake solido e importante, forse anche più dell'originale, e perchè remake o meno, di un film del genere c'era bisogno per uscire dalla dittatura del metariferimento e riacchiappare il senso del cinema d'orrore vero.

La struttura di questo nuovo La Casa è la medesima scritta da Raimi (e vista in moltissime altre pellicole): un pugno di ragazzi in una casa nel bosco. Lo spirito invece è totalmente originale, specie per questi tempi. Alvarez è serissimo, non cerca le strizzate d'occhio accennate nel primo La casa e consacrate nel secondo, il suo La casa versione 2013 è una pellicola senza scampo che si prende terribilmente sul serio, che crede davvero nel senso di fare cinema dell'orrore e riesce a non risultare ridicolo nè ridondante. Anzi.
Dopo un inizio un po' prolisso e faticoso (che introduce una piccola ma significativa variazione rispetto alla trama del modello di partenza: i protagonisti non sono lì in vacanza ma per far disintossicare dalla droga una di loro), comincia la lunga parte di possessione in cui il film corre con passo furioso verso l'annunciato arrivo dell'inferno in Terra, e lo fa ammassando invenzioni, idee e momenti degni del miglior horror.

Alvarez gira come un vero maestro, ha sempre in mano il ritmo e cuce insieme diverse microsequenze di paura mantenendo un passo stabile, accumulando tensione e orrore. La sensazione che la situazione peggiori di attimo in attimo è tangibile, lo si capisce da come sono manovrate luci, montaggio e soprattutto la recitazione (ordinaria nella prima parte ma curatissima nella seconda, come mai era capitato in questo genere).
Si ha la netta e piacevole sensazione che Fede Alvarez provi un piacere particolare nel curare ogni piccolo momento di terrore, ogni tentativo di sopravvivere al martirio, o anche solo nel giocare ad instillare la speranza di salvezza nello spettatore, per poi demolirla ad arte.

Da premio (se solo ce ne fosse uno apposito!) la realizzazione della grande sequenza finale. Capacità di immaginare, pensiero fuori dagli schemi, senso della tradizione del genere di appartenenza e voglia di fare cinema. Da respirare a pieni polmoni.

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