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13.12.12

Hitchcock (2012)
di Sacha Gervasi

COURMAYEUR IN NOIR FEST
PUBBLICATO SU 
Si fa prima a dire che quel che Hitchcock non è. Non è un film biografico che racconti tutta la vita del grande regista, non è un film che si concentra strettamente sul making di Psycho (per quanto ambientato in quel periodo) nè è un film che indaghi il modo di lavorare del suo protagonista (ma ammettiamolo, quale biopic si occupa del motivo per il quale quella grande figura ritratta è considerata così grande?). Hitchcock non è un film per appassionati del maestro ma uno su Alma Reville, moglie del regista, storica collaboratrice e prima ancora produttrice, spesso in ombra e non accreditata ma sempre determinante nell'esito finale dei film.

Hitchcock è un film sulla convivenza nel lungo termine con una personalità geniale e ingombrante, presa in un momento fondamentale, quando al massimo del successo rischiò tutto mettendo i propri soldi su un progetto indipendente che nessuno voleva finanziare (Psycho), rischiando la stabilità del proprio matrimonio e non potendo più nascondere l'attrazione per le altre donne.
Insomma Hitchcock è un film sul matrimonio che si svolge durante il making di Psycho. Dunque troverete ben poco sul film in sè, ben poco sui trucchi del maestro e parecchio sulla sua ironia, il suo stile di vita e la sua personalità. L'uomo e non il professionista, come si conviene. Ancora di più, l'uomo visto come la sua produzione impone. L'Hitchcock del film di Gervasi è un concentrato dei propri film, un voyeur di prima categoria, che replica nella vita vera quel che i suoi personaggi fanno nei film, che è dotato delle loro stesse ossessioni (i segni delle linee come Io ti salverò, le donne da plasmare come La donna che visse due volte, il buco nel muro come Psycho e via dicendo).

Alla fine nonostante il film sia indubbiamente carino e affascinante questo primo lungometraggio di finzione di Sacha Gervasi trova i suoi momenti migliori solo quando vuole raccontare la determinazione di una personalità creativa nel perseguire le proprie idee, i propri istinti e le proprie convinzioni per dimostrare a se stesso e a tutti gli altri di non essere morto. E' invece più debole e zoppicante quando vuole mettere in scena le difficoltà di un matrimonio, la convivenza di due menti creative e il rapporto tra un uomo e la sua controparte nell'ombra.
Particolarmente fastidiosi sono i monologhi che il regista intrattiene con i parti della propria immaginazione (in particolare Ed Gein, il vero omicida cui Norman Bates si ispira) e le consuete scene madri in cui Helen Mirren e Anthony Hopkins smettono i panni dei propri personaggi per indossare quelli dei "grandi attori". Come sempre è più efficace una smorfia di dolore inquadrata per pochi secondi che cento urla con le lacrime agli occhi.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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Non l'ho trovato granché, ma sono rimasto impressionato da quella specie di imitatore di Anthony Perkins che lo fa uguale!


gparker ha detto...

meglio di hopkins che invece fa l'imitazione caricaturale


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