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17.11.15

Loro chi? (2015)
di Francesco Miccichè e Fabio Bonifacci

Chiunque segua da vicino il cinema italiano ad ogni nuova sceneggiatura di Fabio Bonifacci si chiede se si tratterà di un copione su commissione (cioè fatto per una casa di produzione) o di uno scritto per sè. Non possiamo sapere se davvero Bonifacci ne scriva alcuni per le società di produzione e altri per sè, tuttavia l’impressione è quella e dunque applichiamo questa suddivisione all'americana.
Assecondandola sarebbero copioni per le società di produzione È gia ieri, Diverso da chi, Oggi sposi, Benvenuti al sud, Benvenuto Presidente, Bianca come il latte rossa come il sangue, La nostra terra, Il principe abusivo e via dicendo; mentre rientrerebbero in quelli scritti per sè E allora mambo, Lezioni di cioccolata, Amore bugie e calcetto, Si può fare e Amiche da morire. I primi sono pieni di vincoli e decisamente mansueti, tarati sugli standard della buona commedia italiana di successo, i secondi hanno sempre qualcosa di eversivo dentro, magari ben nascosto ma comunque presente, e soprattutto traboccano di una voglia di essere diversi, di sfuggire alle previsioni dello spettatore, riuscendo così a dirgli qualcosa mentre è distratto.

Loro chi? ha subito l’apparenza del copione scritto per sè (il fatto che poi sia anche il suo film d’esordio come regista, assieme a Francesco Miccichè, è un indizio non da poco). Inizia con un ritmo poco convenzionale, non vuole spiegare molto fin dall’inizio, lascia che la storia fluisca tra le gag e, a mano a mano che avanza, introduce più livelli di lettura. L’impressione però non è mai quella dell’opera complessa ma semmai quella della voglia di divertirsi tramite un ragionato accumulo. In Loro chi? c’è una complessità tutta di scrittura che parte dai protagonisti tipici dell’heist movie, il film di truffe (in cui come sempre lo spettatore è l’ultimo truffato), e sempre di più li sfoca per concentrarsi invece sullo sfondo, sul mondo in cui si muovono.
Il personaggio principale con un trucco irrompe nello studio di un editore e, puntandogli una pistola, lo obbliga a farsi leggere il manoscritto del libro che vorrebbe gli fosse pubblicato. La storia che vediamo è per l’appunto il contenuto del manoscritto e parla di truffatori e truffati in maniera esagerata ed iperbolica, dunque grottesca, divertente e, per paradosso, molto vera. Un colpo di scena finale poi svelerà il doppio livello di lettura di tutta la storia, i doppi significati da poter dare a quel che abbiamo visto (come la storia sembrava mentre la guardavamo e come forse è in realtà).

Con quel suo fare furbo (ma nel senso buono) Bonifacci ha finto un’altra volta di fare un filmetto, di raccontare una storiella di fantasia molto divertente e leggera, mentre in realtà ha girato un film di notevole ardimento e complessità, pieno di attacchi a tutti e ambientata in un mondo molto concreto. Un film che si svolge in un paese pessimo popolato da gente gentilmente cinica ed egoista, che tuttavia non si stupisce di quel che vede nè ci si sofferma troppo, come se lo considerasse normale.
In questo senso l’adesione di Giallini e Leo alle maschere tipiche del film di truffa (le stesse di La stangata, per dire) nasconde la distanza che lungo il film cominciano a prendere da quegli stessi personaggi e, dall’altra parte, le truffe che mettono in piedi parlano più che altro di un mondo ingiusto che non è vittima ma pare chiedere in ginocchio d’essere punito (“Le ho fatto causa, ho un avvocato stronzissimo, vedrà ci divertiremo!” è la minaccia pronunciata tra le risate da un datore di lavoro bastardo al suo impiegato).

A questo punto la brutta notizia è che l’esordio alla regia non mette molto ma anzi leva qualcosa. Se di certo le gag paiono beneficiarne (sono più curate grazie ad un’organizzazione delle scene più complessa e ricca di dettagli umoristici che in una commedia poi sono dettagli di senso), non si può dire la stessa cosa dello stile e del ritmo. I casi in cui i copioni di Bonifacci sono finiti in mani sapienti (Lucini e Pellegrini, forse gli esempi migliori) sono molto lontani, quella capacità di organizzare recitazione e messa in scena con un equilibrio che renda giustizia alla scrittura e tenga lontana la farsa o i cali di ritmo è assente. Anche trascurando il fatto che tutto nel film passa per il copione e nulla per idee visive, idee di recitazione o soluzione di montaggio (una povertà che si trova in moltissima commedia italiana, anche di buon livello) non è possibile non notare come Loro chi? non viaggi tutto al medesimo livello, sconfinando spesso in scene decisamente sciatte (lo showdown finale, il concerto, ruba bandiera sulla spiaggia e molte altre) che arenano lo scorrere della storia e non valorizzano un copione che, si intuisce, poteva dare ancora di più.

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