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17.2.13

Nobody's Daughter Haewon (Nugu-ui Ttal-do Anin Haewon, 2013)
di Hong Sang-Soo

CONCORSO
BERLINALE 2013
PUBBLICATO SU 
Come il titolo lascia intuire l'evento che apre il nuovo film di Hong Sang-Soo, la partenza della madre della protagonista per il Canada, dove intende andare a vivere, è la molla che senza farne apertamente menzione condiziona tutto il resto degli eventi. Un evento piccolo che, inserito nell'universo del cinemadi Hong Sang-Soo genera gli eventi che il regista vuole raccontare. La studentessa di cinema che non disdegna di rivelare tutto di sè le frequenti volte che beve troppo e che di continuo si addormenta e sogna, riprende, rimolla e corteggia uomini nuovi e del suo passato. Ma forse ha solo sognato ogni cosa.

Ad Hong Sang-Soo piace molto sovrapporre realtà e finzione, sogno e verità, riprendendoli esattamente nella stessa maniera (che poi è il suo stile a la francese, fatto di una grammatica audiovisiva essenziale di zoom a seguire e campi/controcampi minimalisti uniti ad una fotografia naturalista). L'idea è che alla fine del film sia impossibile dire cosa sia vero, cosa sia sognato e cosa si sia effettivamente ripetuto dal sogno alla realtà. Forse nemmeno la protagonista lo sa.
L'importante è la girandola umana di incertezze, dubbi e difficoltà, affrontate con un umorismo mai insistito ma in grado di scoppiare come una granta quando è meno atteso. L'importante è lo stile di vita dei personaggi, kaurismakiani al netto della passione per gli anni '50, privi di troppe sovrastrutture morali, pronti a godere e poi a farsi domande.

In questo cineasta apparentemente così poco asiatico, innamorato dello stile e della decadenza delle storie europee, c'è una qualità essenziale davvero sorprendente, la capacità dei maestri di sottrarre tutto il superfluo e cogliere il nocciolo di cosa si ha a cuore. Questo, almeno nel suo caso, porta a film molto molto simili tra di loro, eppure ognuno di essi ha un modo efficace e ficcante di affrontare il tema di cui si fa portatore.
Quella di Hong Sang-Soo è quasi una mortificazione della messa in scena, un tentativo di renderla innocua e al tempo stesso di trasformarla in arma di un altro dei suoi molti inganni, cioè che il film sia tutto reale, quando invece è in gran parte sogno.

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...ma sono vivo e non ho più paura! by Gabriele Niola is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 3.0 Unported License.