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16.5.16

Money Monster (id., 2016)
di Jodie Foster

CONCORSO
FESTIVAL DI CANNES
Sembra di tornare indietro nel tempo guardando Money Monster, thriller vecchissimo stampo in cui un uomo tiene in ostaggio un anchorman televisivo, con un twist da Black Mirror, ovvero lo costringe ad andare in diretta con un giubbotto condito di bomba e pistola alla tempia. George Clooney è la faccia da schiaffi che aveva consigliato di investire in azioni che sono crollate, Julia Roberts è la regista della trasmissione che gli parla tramite un auricolare e cerca di mantenere la diretta così che nessuno salti in aria e Jack O’Donnell è il povero investitore che ha perso tutto e cerca risposte. I tre instaurano un rapporto di comunicazione che costituisce la trovata di regia e il sale sulla sceneggiatura: due di loro parlano al mondo e una, la donna, la testa, parla in cuffia al conduttore per cercare di salvarlo e risolvere la situazione.
Quello che una volta sarebbe stato un thriller da camera, tutto studio televisivo e battaglia intellettuale, per Jodie Foster diventa un film sull’informazione. Quello che parte come un film sulla finanza in realtà si trasforma su un film sui media. Non ha influito poco in questo il coinvolgimento, anche come produttore, di George Clooney, che al tema già ha dedicato Good Night and Good Luck.

Come già detto è però quella lievissima nota da distopia, quel cinismo nei confronti degli aspetti della modernità che rasentano la fantascienza a dare una patina di interesse ad un film che per il resto poteva essere stato partorito 20 anni fa, in una Hollywood completamente diversa. La partecipazione del pubblico alle traversie, l’eccitazione da celebrity anche nei confronti dell’attentatore e soprattutto la maniera in cui quest’evento assurdo costringe una redazione da strapazzo a fare del buon giornalismo, sembrano il classico ribaltamento inatteso che la serialità televisiva contemporanea adora.

Purtroppo una strizzata d’occhio al meglio, in termini di scrittura, che si possa fare oggi non basta. Clooney e Roberts sono una coppia di una solidità impressionante ma anche due attori più dotati di presenza che di vere doti eccezionali di recitazione, star nel senso pieno del termine, riempiono l’inquadratura ma non sempre sono determinanti nell’aggiungere qualcosa alla scena. Inevitabile quindi che Money Monster, senza spiccare per nessuna qualità si mantenga sempre sul filo della correttezza e della pulizia, lisciando di continuo la grande impresa.

Jodie Foster aveva dimostrato ben altra audacia con Mr. Beaver e Il Mio Piccolo Genio, aveva dimostrato di avere la forza di correre rischi grossi, trattare materia instabile, attori con cui nessuno vuole lavorare, esseri umani tesi verso il riscatto e storie di grande passione. Money Monster non è questo, è un film per l’industria, uno fatto molto bene che mette in luce le sue doti di regista su commissione (anche se il film non è stato realizzato su commissione) ma nulla di più.

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