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19.5.14

The blue room (La chambre bleue, 2014)
di Mathieu Amalric

UN CERTAIN REGARD
FESTIVAL DI CANNES 2014

PUBBLICATO SU 
Adatta Simenon e cambia completamente stile. Nobile da una parte, un peccato dall'altra. 
La carriera da regista di Mathieu Amalric (forse il migliore della sua generazione di attori francesi) era stata lanciata definitivamente a Cannes in maniera per nulla stupida con Tourneé, film tutto macchina a mano e atteggiamento duro, molto sporco e dotato di un finale indimenticabile, un urlo in playback che era una dichiarazione d'amore alla vita spettinata.
Qui invece siamo dalle parti della focale corta, molti sfocati, oggetti ripresi da vicino, montaggio per dettagli, colori saturi, tramonti che entrano dalle veneziane, sudore patinato su corpi nudi e una storia torbida da ricostruire (non a caso) con stile letterario. Il risultato, purtroppo è molto meno vitale.

Il motivo, verrebbe da dire subito, è facilmente imputabile al fatto che Amalric, a vederlo, sembra molto più simile allo stile di regia di Tourneé che a quello di The blue room, molto più mosso e con la barba sfatta che rigoroso e calibrato. Forse però il motivo della delusione di The blue room sta più nella volontà, palese nella scelta del soggetto da adattare, di riuscire in quell'impresa che il cinema tenta da sempre e centra solo raramente di rendere per immagini il piacere carnale, lo strusciarsi dei corpi e l'estasi del tatto, uno dei pochi sensi che sfuggono all'audiovisivo e che necessita di mille soluzioni diverse e creative per essere reso con efficacia.

Quelle di Amalric passano per i dettagli, come si diceva all'inizio, per la memoria collettiva di coperte sfatte e calori estivi solo parzialmente stemperati da finestre socchiuse all'imbrunire, natiche schiacciate contro il materasso e sussurri (bello come in molti punti i dialoghi siano doppiati con palese artificio, con voci sussurrate che sembrano provenire dal profondo della memoria). Ricorre insomma all'inconscio e più che creare una zona semantica nuova relativa all'argomento (come aveva fatto Truffaut, cambiando radicalmente la maniera in cui si filmano due persone nell'atto di amarsi) sfrutta quel che la maggior parte delle persone associa all'atto. 
Il resto del film è accademia e ricostruisce a fatica un romanzo non facile da mettere in scena.

2 commenti:

Fabio ha detto...

"rendere per immagini il piacere carnale, lo strusciarsi dei corpi e l'estasi del tatto"

Mi viene in mente quella straordinaria scena sotto le lenzuola de L'ultimo imperatore.


gparker ha detto...

esempio perfetto


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