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18.4.14

Ti sposo ma non troppo (2014)
di Gabriele Pignotta

PUBBLICATO SU 
Il fatto di aver adottato, pur essendo italiano, un titolo di quelli che solitamente sono riservati alle traduzioni becere dei film americani, rivela la spietata natura commerciale di questo esordio al cinema di Gabriele Pignotta. La trama e il tipo di intreccio poi non fanno che confermare l'impressione (storie matrimoniali d'amor perduto e ritrovato, di rapporti esauriti intorno al topos narrativo della coppia che per stanchezza cerca altre avventure non accorgendosi che i nuovi partner misteriosi sono loro stessi sotto mentite spoglie).
Ovviamente non c'è nulla di male nel cercare di cavalcare ciò che funziona al cinema, tanto più che il punto non è mai che storia si racconti ma come lo si faccia. Una simile scelta però, tra molti altri dettagli, rivela come Pignotta sia più figlio di Brizzi e del suo tipo di commedia di quanto non lo sia di altri padri putativi.

Ti sposo ma non troppo tuttavia non ha nè la freschezza del primo Brizzi nè quel livello minimo di mestiere e scrittura che tiene in piedi i suoi ultimi film. Manca troppo il ritmo perchè il film, ripiegato molto sui dialoghi, non ha le capacità narrative necessarie per tenere vivo l'interesse in quello che è un intreccio estremamente basilare, un gioco di equivoci e doppie identità che prende 4 personaggi e ne mescola le interazioni (o fa finta di farlo) nella realtà e nelle chat per appuntamenti. C'è insomma sempre qualcuno che parla con una persona che in realtà crede essere qualcun altro fino al clamoroso (!?!) finale in cui il grande svelamento globale fa lo stesso trionfare l'amore.
Senza dire della difficoltà nel creare un ambiente filmico, cioè immagini, interni, costumi e luoghi in grado di parlare e dare alla storia un sapore o un odore particolare invece che semplici background uguali a mille altri e ripresi con un semplicismo così svogliato da essere stucchevole.

Ma come si diceva il problema non è tanto da dove parta o dove vada a parare la storia quanto la maniera in cui Gabriele Pignotta tenga lo spettatore impegnato per i 95 minuti del film.
La scrittura di Ti sposo ma non troppo privilegia toni lievi e consuetudini trite da fiction televisiva, sembra in ogni momento cercare di dare allo spettatore ciò che si attende, la versione più basilare e a buon mercato delle interazioni che porteranno alla prossima svolta di trama.
Mescolando la tradizione dei comici passati al cinema (una storia romantica in cui solo una delle parti ha il ruolo comico e quello romantico, magari aiutato da una voce fuoricampo) con uno scenario favolistico fatto di ville, sole, laghi, lavori inesistenti e disimpegno generalizzato come le commedie sentimentali americane, il risultato di questo esordio di Pignotta è di ricalcare ciò che già esiste e già si vede sia al cinema che in televisione, senza nemmeno posizionarsi ai primi posti della propria categoria.

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