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22.7.14

Anarchia - La notte del giudizio (The purge: Anarchy, 2014)
di James DeMonaco

C'era un'idea molto forte e molto fuori dal tempo (per il cinema di oggi) alla base di La notte del giudizio, qualcosa che riporta agli anni '70 del cinema americano, cioè quella dell'orrore politico che mette paura attraverso uno scenario portatore di un'affermazione forte sugli esseri umani, che mette i suoi personaggi di fronte a scelte che non sono personali ma sociali. A fronte di quello il film era anche un prodotto della Blumhouse, il che vuol dire quasi tutto ambientato in un ambiente unico, dal budget stringato e dal profluvio di idee.

Era molto forte, Anarchia invece è per molti versi più mansueto, gira meno intorno alle conseguenze sociali delle decisioni individuali e mira più a creare una grande Odissea. Stavolta infatti nella notte in cui ogni crimine è depenalizzato non c'è un assedio casalingo ma due personaggi costretti a viaggiare nella città, spazi aperti contro chiusi e soprattutto un viaggio, quindi più personaggi, più situazioni e il paesaggio che influisce molto di più nella storia. L'esplorazione decisamente non è più quella interiore dei protagonisti ma quella esteriore della città, la società non è rappresentata per sineddoche da pochi uomini ma rappresentata effettivamente.
Se il primo film era uno scatto questo è la parte distensiva della corsa, meno furiosa ma fatta per durare.

Anarchia quindi mantiene i presupposti ma allarga la prospettiva, aumenta il budget e mira a creare una mitologia, cioè a proiettare il principio del primo film in una dimensione seriale. Dopo Anarchia - La notte del giudizio possono arrivare mille altri sequel o prequel perchè viene introdotto un piccolo mondo, delle fazioni in gioco e viene mostrato come declinare il "format" del film.
È la parte illustrativa della storia, le fondamenta, impossibile quindi che appassioni e coinvolga come quella incendiaria del primo film, lo stesso però l'impressione è che specie con i personaggi protagonisti si potesse osare di più, perchè alla fine è loro la corsa per la vita e loro la terribile sfortuna d'essere rimasti in giro (dunque poteva essere loro l'abilità o la peculiarietà di "vivere" quest'assurda situazione). James DeMonaco invece si esalta con i comprimari, dimentica i buoni e si appassiona ai tanti piccoli cattivi che si possono incontrare dai folli con l'M60 ai nobili e i loro giochi. Lo sfondo invece del proscenio, scelta non cretina ma che forse non paga fino alla fine.

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