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7.6.13

The bay (id., 2013)
di Barry Levinson

PUBBLICATO SU 
Anche Barry Lenvinson, da buon ultimo, approda al found footage movie e lo fa cercando di fonderlo con il fintodocumentario, realizzando una specie di reportage narrativo, in cui la protagonista, a fatti svolti, ricostruisce l'avvenuto mostrando e commentando molto materiale "amatoriale" rinvenuto a margine della catastrofe.
Si parla di una strage in una cittadina lacustre da parte di una nuova specie letale mutata in seguito a disastri naturali, ecologici e radioattivi (tutto insieme, davvero) causati ovviamente dall'uomo. Videomessaggi, telefonate skype, materiale a circuito chiuso, servizi televisivi ecc. ecc. Tutto unito in un grande raccordo e contrappuntato dalla protagonista che precisa, spiega e crea tensione verso quel che accadrà.

La scelta del found footage è come sempre una di realismo e di indagine delle nuove forme di produzione video, cioè come le nuove tecnologie video che riempiono la quotidianità possano creare un racconto delle singole vite attraverso storie da cinema. Eppure in The bay non c'è mai quella svolta appassionante che il found footage trova nè quelle caratteristiche di indagine dell'immagine che sono proprie del genere.
Il regista di Rain Man sembra non poter non orbitare intorno ad un cinema consueto e orchestra un film corale seguendo le varie storie un pezzo alla volta, passando tra l'una e l'altra di continuo, mentre cerca di spiegare allo spettatore quale sia la minaccia e come sia nata. Tuttavia la sua attenzione è più tesa a rendere plausibile e chiaro il tutto che a renderlo minaccioso. E' insomma più Redacted (senza quella spietata inesorabile novità) che Paranormal activity (Oren Peli è tra i produttori).

Facce sventrate, corpi dilaniati, qualche colpo ad effetto e animali schifosi sono le sue armi e non quel senso di violazione della quotidianità che il found footage migliore riesce a creare, nè si fa forza di un'altra caratteristica affinata dal cinema fatto come video amatoriale (specie da Rec e Cloverfield), cioè che chi inquadra spesso mostra le cose "sbagliate" o non mette a fuoco quel che un regista sceglierebbe di guardare, frustrando lo spettatore e aumentando la suspense, poichè la parte importante viene negata.
Privo di una visione chiara del genere scelto il risultato è cinema molto molto moscio.

2 commenti:

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