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27.8.12

La Faida (The forgiveness of blood, 2011)
di Joshua Marston

Storia di faide in Albania, luogo in cui la pratica è istituzionalizzata, esistono regole scritte, un testo di riferimento, scappatoie ufficiali e procedure alle quali attenersi. Questo ovviamente non limita lo spargimento di sangue. Anzi.
E ad una generazione anziana, molto attaccata alle regole della faida e al suo rispetto per non essere tacciati di codardia o mancato rispetto, come sempre corrisponde una generazione più giovane insofferente del modo in cui queste regole impediscono lo scorrere abituale della vita e obbligano ad una reclusione forzata con occasionali spari di fucile in casa.
La guerra in versione ridotta, limitata a pochi individui ben identificati da due famiglie e originata da un omicidio a lungo covato dal rancore.

Questa guerra privata per Marston è materia da trattare con gli stilemi del cinema autoriale europeo recente, ovvero con pochissima personalità ma con un'idea di cinema che subito dia il senso dell'austerità del racconto, insomma materia da macchina da presa mobilissima che segue di spalle i protagonisti e che è affezionata più che altro ad uno di essi, il più irrequieto e dunque il più interessante.
Eppure il film non riesce mai ad essere interessante come lui.
La faida, vuole raccontare l'insopportabile vincolo di repressione e rabbia, impotenza e assurdità che una tradizione castrante impone sugli individui, l'assenza di uno stato che possa sanare simili controversie in maniera civile (i poliziotti sono ovviamente corrotti e schierati nella faida) e il divincolarsi di un singolo. Tuttavia non riesce mai a giungere a quell'anelito di libertà cui vorrebbe arrivare, non riesce mai a dare carne a quei corpi che si muovono nei paesaggi sempre nuvoli, nelle case pulite i cui muri vengono scontornati con il coltello in una scena così esplicitamente metaforica da sembrare un film italiano.

Purtroppo nei paesaggi desolati, nelle piccole sopraffazioni quotidiane subite dalla figlia costretta a vendere il pane con il carretto e anche nei pestaggi non si respira mai quell'aria di insostenibile ingiustizia che si intuisce essere uno degli obiettivi del film. La faida è la cronaca poco interessante di una guerra familiare, che sembra sempre promettere guizzi che la mancanza di personalità impedisce di far giungere, e che una volta finita lascia ben poche immagini in testa.

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