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27.2.13

Alberto il grande (2013)
di Luca e Carlo Verdone

I fratelli Verdone si mettono insieme per raccontare quel pezzo di storia del cinema italiano attraversato da Alberto Sordi. L'operazione sembra appropriata. I figli di uno dei più grandi storici del cinema (uno dei quali attore e regista), inseriti da sempre nel giro dei cinematografari romani, hanno accesso a luoghi impensabili e conoscono le persone giuste, gli eredi di quegli anni. L'idea dunque è aprire casa Sordi (edificio mitologico che sta al centro di Roma, immobile, perpetuo, noto e visibile da tutti come un monumento), percorrerla, indagarne le stranezze e da ogni stanza partire per il consueto viaggio cronologico nella carriera e un po' nella vita.

Peccato davvero che le idee di scrittura finiscano là, anzi peccato che una vera e propria scrittura non ci sia. Carlo fa da Cicerone ma improvvisa, tutto pare girato in un paio di giorni al massimo, anche le interviste ai personaggi che tramandano il cinema e lo spettacolo romano e romanesco degli anni '50 e '60 (Christian De Sica, Emi De Sica, i Vanzina, Proietti, Scola, De Laurentiis....) sembrano improvvisate, girate in poco e per poco.
Immediatamente si sfocia nel televisivo, nell'occasionale, nel celebrativo fine a se stesso e se pure il documentario gode di un'aneddotica, come sempre quando è coinvolto Verdone, eccezionale, si sente fortissima la mancanza di una scrittura o una pianificazione adeguate. Lo stesso Carlo Verdone, che del documentario è autore vero e proprio, sceglie di mettersi in mostra, di essere narratore ma anche di non portare niente di sè nella lettura del personaggio. In nessun momento è Sordi visto dai Verdone ma sempre Sordi raccontato da altri tra cui i Verdone. Solo per un'istante si intravede cosa poteva essere un tentativo più audace: quando sentendo cosa si mangiava a colazione Alberto Sordi, Carlo applica il proprio filtro personale e non comprende come non gli venisse "'na botta d'acido allo stomaco".

E dire che invece visivamente un'idea forte pure c'era, ovvero il racconto di un'essere umano a partire dai luoghi e dagli ambienti. Su tutti domina la casa/palazzo, il monumentone in vita, mai mostrato al pubblico e lentamente diventata un'alcova dorata (dentro pare uscita dagli anni '40), ma poi si passa ai vicoli di Roma dove Alberto Sordi è nato, cresciuto, i punti in cui sono ambientate scene importanti di film importanti, addirittura piazze note che vengono rilette alla luce di quel cinema. In aggiunta anche gli intervistati sono fotografati nei loro contributi all'interno delle loro residenze, salotti e studi per lo più romani, tutti caratterizzati a seconda della personalità di chi li abita. Si intuisce insomma la voglia di realizzare un film in cui gli interni, intesi nel senso di arredamenti, parlino quanto le parole dell'umanità che ha fatto e che poi è derivata da quel mondo. Ma è un desiderio e niente più.

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