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1.2.14

Hercules (id., 2014)
di Renny Harlin

PUBBLICATO SU 
Il primo dei due Hercules di quest'anno, quello senza attori noti e soprattutto senza Dwayne "The Rock" Johnson, è un figlio povero di 300, privo di tutta l'estetica digitalizzata ad arte (oltre che privo di quella capacità di immaginare) e colmo di scenari CG molto finti e molto brutti che ravanano in quell'estetica tra il fumetto e l'eroismo spinto azzeccato da Snyder. Senza contare che tutto il reparto costumi pesca a piene mani sia dall'ambito 300 che dall'anacronistico puro.
Insomma non è un film ricercato, non è un film filologico rispetto al mito (anzi, inventa di sana pianta nuovi ambienti, nuove realtà parastoriche e nuove avventure mantenendo solo qualche nome) e purtroppo non è un film d'azione ben fatto.

Se pure si può passare sopra un comparto digitale davvero risibile (parliamo di contorni evidenti quando ci sono i green screen e comparse moltiplicate male), perchè in fondo questo coraggio di non aver mezzi ma lo stesso decidere di fare un film fantastico pieno di CG scalda il cuore, e d'altra parte pare quasi ridicolo prendersela con una sceneggiatura da generatore automatico di storie finto classiche in una produzione simile, lo stesso non si può fare con la parte più viva, quella pulsante di sangue e violenza.
In teoria un film su Ercole contiene una promessa implicita di grande azione (altrimenti perchè scegliere il primo action hero della mitologia?) e la presenza di un garanzia come Scott Adkins nel cast pare una conferma. Invece la prima latita e al secondo viene assegnato un ruolo da grande attore (!?!?).

Non è chiaro cosa vogliano essere questi film d'ambientazione mitologica (sulla scia di Scontro tra titani), una volta erano o kolossal o film di serie B molto votati all'azione, oggi ne rimane unicamente il lato più semplice. Avventure che assecondano i valori più elementari declinati senza cercare nulla di ambiguo. L'amore più puro inseguito in armonia ai valori di virilità e fratellanza, l'amicizia sopra ogni cosa e la contrapposizione all'avidità, la sete di potere e la malvagità.
In anni in cui nemmeno più tutti i cartoni animati scelgono di separare con tale artificiosa esagerazione il buono dal cattivo o di dare ai personaggi motivazioni così basilari, senza tentare poi di costruirgli un percorso che minimamente metta in crisi quel che universalmente è ritenuto "giusto", c'è da chiedersi chi sia il pubblico di questi film.

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