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31.1.15

Gemma Bovery (id., 2014)
di Anne Fontaine

Non c'è niente di più gentile di un gentile film francese.
Gemma Bovery è diretto, scritto e soprattutto recitato con una soffice grazia e tramite quella ha intenzione di raccontare una storia contemporaneamente snob (difficile divertirsi senza conoscere la trama o almeno la protagonista di Madame Bovary) e pruriginosa con classe. In questa tensione tra grazia e istinto, tra commedia e forse dramma, Anne Fontaine si posiziona con indubbio gusto. Di certo il film non ha la dote delle migliori opere austere e distanti, quelle in grado di mettere in scena con il massimo dell'apparente distacco qualcosa di invece estremamente coinvolgente e passionale, ma sa come divertirsi.

La storia è quella di una famiglia che vive nella campagna francese e in particolare del buon uomo che ha l'ingrato compito di fare da padre e marito. Accanto alla loro magione arrivano dei nuovi vicini, una coppia di inglesi di cui lei si chiama Gemma Bovary. Questa quasi-omonimia con il celebre personaggio letterario scatena la sua fantasia di appassionato di Flaubert ma è soprattutto la carica erotica fortissima della ragazza a scatenare in lui un morboso interesse voyeuristico sia per le sue vicende che per il suo corpo. Deve sapere tutto di Gemma, deve scoprire se la sua vita procede come quella di Emma Bovary e se non è così si ossessiona ad aggiustarla, e tutto per un'impossibile attrazione fisica.

La parte più riuscita del film è proprio Gemma Bovary (interpretata da Gemma Arterton), realmente un polo d'attrazione fisica fortissimo: frivolo e intrigante, lascivo e distante, carnale ed etereo. La sua presenza dona plausibilità al delirio di un pover'uomo che è anche il primo a capire la disgrazia che quell'arrivo sta per portare nella sua vita. Il decoro del resto del film mantiene in piedi una trama a cui piacerebbe moltissimo essere stata diretta da Truffaut nell'ultima parte della sua carriera, su toni compiti e galanti ma anche folli e con decisamente più divertimento nel fare cinema di quanto ce ne metta la Fontaine. Inutile dire che in più momenti si desidererebbe un po' di audacia in più, ma è anche vero che la coerenza con la quale la regista dona equilibrio a tutta l'opera è di invidiabile fluidità nè è da tutti.

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