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3.6.13

Fast & Furious 6 (id., 2013)
di Justin Lin

La grande delusione del sesto (!) capitolo di Fast & Furious (per quel che questa parola possa significare nell'ambito di una serie di film che mantengono sempre le promesse dei propri trailer) viene proprio da quel che in precedenza era stato l'asso nella manica. Da quando nel terzo capitolo è entrato in gioco Justin Lin la serie ha preso un altro passo e si è risollevata totalmente, scoprendo un regista tecnico, inventivo e bravissimo a coniugare velocità, chiarezza e cinema d'azione. Non un mago delle scene di dialogo (da sempre pessime) ma un grande regista d'azione. 
Il sesto film però sembra diretto da qualcun altro tanto è confuso, esagerato, immotivato e privo di quella bassa concretezza nelle azioni dei personaggi che aveva dato un senso alla saga.

Come molto altro cinema seriale anche Fast & Furious assume definitivamente i tratti del telefilm. Non solo i titoli di testa che sono una vera e propria sigla ma anche espedienti di trama da scrittura veloce come "la perdita di memoria" (mio Dio....) e il sottofinale con un nuovo personaggio che rimanda al film seguente. Ma più di tutto la vera trasformazione da cinema a "televisione ad altissimo budget" è data da una trama totalmente autoconclusiva che introduce un villain e un "caso" (che ci crediato o meno c'è di mezzo un ordigno fine del mondo), avendo la premura di chiuderlo entro la fine del film, rimettendo in piedi il gruppo (al netto di nuovi arrivi e perdite) per il prossimo caso o la prossima puntata. In questo senso la serie Fast & Furious è un procedural, ha anche quel modo tipico del procedural di risolvere i problemi sempre nella medesima maniera (qualsiasi sia l'empasse della storia lo si risolverà con una corsa clandestina, in una corsa clandestina si scopre tutto e si trovano tutti).

L'unico comparto nel quale il film non sfigura è quello del pensare in grande. Grande distruzione, grande spiegamento di mezzi, grandi proporzioni, grandi esplosioni e in quel senso si (finalmente) non mancano le idee visive.
Justin Lin per il sesto episodio (il suo quarto) decide di concepire la velocità come un punto fermo, cioè la corsa come uno stato di base e da lì partire per fare ogni cosa. In corsa si fa a cazzotti, si pensano i piani, si spostano altre macchine, si lanciano cavi e tutta la lunga e impressionante sequenza finale è condotta con un montaggio alternato tra 5-6 piani d'azione diversi tutti coinvolti nella medesima grande corsa assieme ad un aereo in decollo. 
Questo tipo di mentalità, che fonde la consueta computer grafica ad un numero inusualmente alto di stunt reali, continua ad essere, nonostante tutto, il grande pregio e la grande sostanza di questa serie, che pur perdendo ad ogni capitolo connotati di cinema rimane una delle poche a fare film concreti e in grande stile.

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