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27.5.13

Zulu (id., 2013)
di Jerome Salle

FESTIVAL DI CANNES
FUORI CONCORSO

PUBBLICATO SU 
Orlando Bloom si sveglia sfatto e distrutto con accanto una donna seminuda addormentata e mette subito in mostra addominali e sedere, prende la pistola e comincia a menare le mani, dopodichè prende un caffè nel quale inserisce del whiskey e comincia la sua giornata da poliziotto. Questo è il tono di Zulu, un film che mette in scena i più banali stereotipi polizieschi americani senza avere la decenza di arricchirli, contestarli, modificarli, sfumarli o anche solo reinterpretarli. E' l'idea che Jerome Salle (già sceneggiatore di The Tourist) ha di cinema commerciale.

E il cinema commerciale è quel che gli serve, nella sua mente, per veicolare una storia seria, quella dell'eredità della dottrina Mandela riguardo la giustizia post-apartheid. In Sudafrica i criminali bianchi sono stati perdonati invece che perseguiti per poter stimolare una nuova società fondata su pace e tolleranza invece che odio e vendetta ma, ad anni di distanza, forse la decisione non è stata delle migliori. Almeno questo si chiede Zulu, attraverso il personaggio di Forest Whitaker, bambino massacrato e mutilato per odio razziale e oggi poliziotto tollerante, uomo di giustizia senza pregiudizi, la personificazione stessa delle idee di Mandela.

Proprio Whitaker è quello che da tutta questa storiaccia raffazonata di droghe chimiche immesse sul mercato da ex fomentatori dell'apartheid uscirà più segnato e che finirà con il passare ai pugni, in barba alle idee di tolleranza e perdono, proprio dopo che nel film più volte si è ripetuto che "quello lì invece che pagare l'ha fatta franca come tutti gli altri".
Cercando di evitare come può di essere reazionario Salle vorrebbe mettere in scena una riflessione (che effettivamente è in corso a più livelli), mascherata da cinema commerciale, con inseguimenti e molto sangue. Però non ha la decenza di coreografare scene d'azione degne di questo nome e non ha quel rispetto verso il cinema poliziesco che serve a fare un buon film.
Unico momento sensato è l'inseguimento del finale, che pare poter durare per sempre e rappresenta bene con un'immagine potente tutto il senso di una responsabilità infinita che insegue i colpevoli.

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...ma sono vivo e non ho più paura! by Gabriele Niola is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 3.0 Unported License.