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3.11.14

Open windows (id., 2014)
di Nacho Vigalondo

SCIENCE + FICTION FESTIVAL
NEON

PUBBLICATO SU 
La cosa più importante di Open windows è che risponde ad una domanda inespressa che era nell'aria: quando cioè il genere del found footage (che mai è cresciuto in quantità e varietà come in questi ultimi anni) avrebbe incrociato quello nato in rete dello screencasting? Dopo Noah, un cortometraggio presentato un paio di anni fa a Toronto che importava nel mondo del cinema tradizionale la tecnica sperimentata in rete, Nacho Vigalondo si è preso la briga di fare un intero film in screencasting.
Si tratta di quella tecnica per la quale tutto quel che si vede è lo schermo di un computer e ogni cosa accade lì dentro. Nasce nei tutorial online (che mostrano cosa fare sullo schermo direttamente), diventa esperimento narrativo con un buon numero di webserie e ora al cinema incontra il genere, nello specifico il thriller. È in questo punto quello del genere, che lo screencasting si fonde con il found footage, cioè con quell'idea che tutto sia ripreso da qualcuno effettivamente e quindi abbia una conseguente maggior impressione di realismo.

Peccato che tutto questo avvenga in un film tra i più cretini possibili. Non fatto male, non banale ma semplicemente cretino, tarato su standard di implausibilità altissimi.
L'intreccio si fonda su tecnologia trattata come magia, cioè su un fantomatico hacker che penetra il computer del protagonista e da lì telefoni cellulari, videocamere ecc. ecc. in un crescendo di oggetti tecnologici che non si capisce perchè dovrebbero essere attaccati alla rete o comunque prevedere l'invio del proprio segnale. La povera vittima è il gestore di un fansite di una celebrity e viene costretto dall'hacker, tramite minacce, ad entrare in un gioco di rapimenti e violenza con la celebrity in questione. Ci saranno continue agnizioni, svelamenti e un finale da presa in giro.

Non ne giova Elijah Wood (di nuovo in un thriller in cui è costretto ad eseguire gli ordini di una mente criminale dopo il più riuscito Il ricatto) nè tantomeno Sasha Grey, la celebrity in questione per nulla sfruttata nei suoi punti di forza (il rapporto che il suo fisico è capace di intrattenere con la videocamera) e messa in ombra con una recitazione poco curata. Soprattutto non ne giova lo spettatore che subisce colpi di scena a ripetizione, nessuno dei quali minimamente credibile e quindi subito noiosi, in una serie di riprese che oscillano tra GTA (quando dagli interni si passa all'automobile e tra le varie finestre del PC ne compare una con il flusso di immagini da una videocamera posta sul cruscotto) e un'assurda ricostruzione delle molte immagini provenienti da diverse videocamere.

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