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9.3.18

The Lodgers (id., 2017)
di Brian O'Malley

Alla base di The Lodgers c’è un intreccio che poteva pure appartenere ad un altro genere ma che ha scelto la cornice dell’horror per presentarsi. E probabilmente ha fatto male.
Ci sono due fratelli che vivono in una specie di malata comunione in un maniero irlandese degli anni ‘20. Non possono allontanarsi, non possono mollarsi, non possono contravvenire ad una serie di “regole della casa” come quella di chiudersi nelle proprie stanze dopo una certa ora. È come se, nonostante siano adulti, vivano ancora in una condizione di bambini, soggetti a quelle regole. Ma i genitori non ci sono più, o almeno si può dire che non siano più tra i vivi.

E dire che è proprio qualcosa nel passato di questi due fratelli, qualche colpa dei genitori, a causare la loro situazione che verrà sbloccata (in peggio) dall’arrivo di un uomo nella vita di lei. È qui che The Lodgers poteva anche essere raccontato non come un horror, nel momento in cui fa della sua paura un modo per mettere in scena il desiderio di indipendenza scatenato da un sentimento. Una persona che era rassegnata a stare da sola e convinta del suo isolamento, decide di tradire tutto (principalmente la famiglia) per inseguire la propria realizzazione sentimentale, per non essere più bambina e svincolarsi dai peccati dei genitori che le impediscono di vivere.

Non è difficile intravedere una critica alla società contemporanea in cui la generazione dei figli sconta i problemi creati da quella dei padri, e l’idea di farlo con un horror non era male. In teoria. Nella pratica invece The Lodgers è molto più confuso di come è possibile raccontarlo e alla fine è un piccolo racconto di formazione femminile in cui la paura entra male, a fatica e generando più fastidio e repulsione (principalmente per il fratello, un personaggio odioso) che autentica paura.

Forse davvero gli avrebbe giovato appartenere ad un altro genere, tanto poco e male fa il lavoro dell’horror, cioè riuscire a mettere in scena un’ambiente o delle situazioni che tramite lo spavento smuovano il pubblico dalle proprie sicurezze. Le paludi, i corridoi, l’acqua che cade al contrario… Sono tutti elementi di un campionario non propriamente originale né utilizzato davvero bene. Anche il fatto di essere un film in costume sembra una cornice poco sfruttata ma scelta per come possa contribuire da sé alla paura (addirittura un film poco riuscito come Crimson Peak riusciva a mettere più a frutto il suo stile gotico).

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