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19.2.18

Damsel (id., 2018)
di David e Nathan Zellner

CONCORSO
BERLINALE
La damigella del titolo è una delle gabbie esemplari in cui intrappolare il sesso femminile per poter raccontare una storia confermando agli spettatori ciò che già pensano: la ragazza come motore immobile che, senza volerlo, scatena l’avventura di un uomo che vuole salvarla da qualcosa. Lois Lane legata sui binari in attesa che Superman arrivi prima del treno, la principessa ostaggio del drago in attesa del cavaliere o la moglie rapita nel west in attesa che arrivi il marito con sceriffi e cacciatori di taglie a trovarla e salvarla. Intorno a questo i fratelli Zellner presentano il loro western: c’è un uomo che sta andando a salvare la sua promessa sposa rapita da qualcuno.

Dopo un’introduzione che chiarisce la natura folle e stralunata di questo western, il fatto che non ci sarà nulla di male a ridere e un certo senso del grottesco sarà parte di quel che vedremo, Robert Pattinson esordisce come eroe non propriamente classico e abbastanza impacciato. Non è un uomo d’azione e la differenza tra lui e gli altri paesani della cittadina in cui è arrivato alla ricerca della futura sposa è evidente. Non beve whiskey, non sputa, non ha fatto mai a botte ed è un po’ vigliacco per quanto determinato. Non migliore di lui è il prete ubriacone che recluta per seguirlo nella grande operazione di salvataggio.

A questo punto il film è instradato su binari da commedia western che diventeranno presto binari comici non senza qualche problema. Invece di raccontare una storia coerente in un mondo che non sia insensibile all’assurdo della vita, come sono le commedie, Damsel ben presto svela la sua natura di opera ribaltata, in cui tutto è capovolto e accade all’opposto di come siamo abituati, che poi è la natura del “comico” o della parodia. Come se ci trovassimo in uno sketch del Saturday Night Live, in questo west l’unico ad avere un atteggiamento da uomo sarà la damigella che tutti questi uomini molto poco “maschili” vogliono salvare nonostante lei, la più maschile di tutti, non lo voglia assolutamente. Anzi!

Era indubbiamente interessante l’idea di capovolgere il gender e gli atteggiamenti che associamo ai sessi là nel genere e nella terra in cui questo (al cinema) sembra più radicato che mai, cioè nel western. Ma i fratelli Zellner sono troppo scarsi nel comico, troppo scarsi nella necessaria inventiva utile a dare al film il passo delle commedie, e soprattutto troppo scarsi con i loro personaggi! Lo si vede bene se si segue la tenue evoluzione del prete ubriacone, in teoria il vero protagonista del film (sia nella prima che nella seconda parte seguiamo sempre lui, spettatore di questa storia come noi) che è più ridicolo alla fine, nel suo colpo di coda sentimentale, di quanto non lo sia all’inizio quando è solo una macchietta.

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