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16.4.13

Dead sushi (Deddo sushi, 2012)
di Noboru Iguchi

FUTURE FILM FESTIVAL
FOLLIE NOTTURNE

PUBBLICATO SU 
Senza eccedere nelle consuete flatulenze (un po' ce ne sono, in fondo è il suo marchio di fabbrica) nè puntare sulle ossessioni sessuali (che pure ci sono, sebbene in dosi da educande) Noboru Iguchi con Dead Sushi centra il risultato molto più di quanto fatto in precedenza con Zombie ass.
Questa volta la parodia del cinema cinema horror di serie infima, perpetrata con le sue medesime armi (Iguchi è un regista da una media di 2 film l'anno), spinge sugli elementi tipici del genere, realizzando un film così perfetto, coerente ed estremo con le premesse (effetti speciali ignobili compresi) da essere un'inevitabile ed esilarante parodia di un genere che già di suo presta il fianco al ridicolo.

Sembrano infatti essere i valori veicolati da quel tipo di cinema, le consuetudini buoniste e la pigrizia di un cinema che dovrebbe (se non altro) essere sovversivo e invece spesso è più acquietante di quello mainstream, il bersaglio (che lo voglia o meno) del regista.
Di certo l'umorismo di Dead sushi, più pronunciato ed inventivo, parte solo da qualche riferimento storico (La piccola bottega degli orrori) per trovare quasi subito una strada personale e, caso raro, un alleato nella recitazione di alcuni membri di un cast meno improvvisato del solito. Si ride moltissimo e in maniera non banale (il sushi d'uovo esiliato dagli altri, il vecchio cuoco diventato sguattero, l'eroe della situazione...).

Nonostante l'ovvia autoreferenzialità dell'ambientazione (ristoranti di sushi, cuochi di sushi e consumatori di sushi) il film è perfettamente comprensibile anche dai non nipponici, poichè anche in Giappone il sushi è un cibo da grande occasione, costoso e per le elite. Proprio questo sembra stimolare Iguchi, non una banale iconoclastìa (come sarebbe avvenuto negli anni '70 e '80) ma semmai la distruzione della serietà con cui solitamente il cinema perpetua tale iconoclastìa.
Insomma invece che ridere dei potenti Iguchi sembra ridere di chi pensa di condannarli rappresentandoli con banali stereotipi.

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